Transilvania: alla ricerca della strada più bella del mondo
di Carlo Buscemi
Vi ero già stato l’anno precedente, ma in macchina. Da un certo punto di vista, quel viaggio fu una tortura per me perché immaginavo di continuo come sarebbe stato poter essere in moto, piuttosto che chiuso dentro una comoda ma asettica scatola di metallo. La moto sviluppa e attiva i cinque sensi rendendo il viaggio il vero fine; l’automobile, al contrario, li ottunde. Questo è un dato di fatto che solo chi va in moto può comprendere. Ebbene, devo attendere meno di un anno per veder verificate quelle aspettative che, alla prova dei fatti, si sono dimostrate addirittura sottodimensionate rispetto alla effettiva esperienza vissuta: tutto questo per dire che la Transilvania è una regione meravigliosa.
Il gruppo, composto dai proverbiali ‘pochi ma buoni’, si divide subito in due: i ‘duri e puri’ (Lallo e Alfonso) partiranno tre giorni prima di noialtri per il giro ‘tutto in moto’, fermandosi prima a Postumia per visitare le splendide grotte, poi, passando per il lago Balaton, a Budapest al fine di rifocillare le già stanche membra e crogiolarsi mollemente tra le amorevoli cure dell’enorme impianto termale, che aggiunge a questa città un ulteriore motivo di visita; mentre noi (Rudy, Paolo, Enzo, Roberto e io), detti ‘i fraccomodi’, ‘gli aviotrasportati’, o più correttamente ancora ‘i pragmatici’, ci imbarcheremo su un comodo aereo che ci depositerà, freschi e riposati, ma non meno affamati, direttamente a Cluj-Napoca, la città principale della regione transilvana, dove ci riuniremo ai motorizzati dai quali, di fronte a una serie di laute e tipiche portate rumene, verremo aggiornati sulle esperienze mangereccio/ motociclistiche da loro accumulate nel frattempo. Lasciamo la locanda Roata e i suoi buoni ma pasticciati intingoli per una veloce passeggiata per il centro di Cluj, un sigaro sotto la statua di Corvino e la Chiesa Nera, e la giornata può dirsi degnamente conclusa.
Il programma del primo giorno di viaggio rumeno prevedeva il trasferimento presso Turda, il ritiro delle moto a noleggio e il giro sui Monti Apuseni. Con la consapevolezza che la tappa sarebbe stata lunga e complice il desiderio di mettersi subito in moto, ci lasciamo alle spalle la famosa miniera di sale di Turda, principale attrazione del luogo, e grazie anche alla ben rodata organizzazione della Adventure Motorcycle Tours, ci fiondiamo rapidamente verso Ovest in direzione della Trans-Apuseni e della Trans-Ursoaia. Sono entrambe strade strette, tortuose e ombreggiate che si sviluppano nel fitto dei boschi degli omonimi parchi per poi aprirsi improvvisamente su un grande altopiano freddo e ventoso la cui vista a 360 gradi su prati verdi, allevamenti di mucche e rocce aguzze, rappresenta il vero paradigma transilvano, quello tradizionale e contadino, aspro, arcaico, fermo nel tempo. A me ha ricordato un po’ i nostri Appennini del Sud Italia. Il fondo stradale non è dei migliori a conferma, al momento, del pregiudizio circa le pessime condizioni delle strade rumene. Non ci priviamo nemmeno di qualche chilometro di sterrato ben battuto nel fitto di una cupa foresta, dando all’amico Alfonso e alla sua RT 1600 ‘da enduro’ un primo assaggio di cosa avrebbero sperimentato nei giorni a venire. Prima di raggiungere Alba Iulia, l’antica Apulum romana e nostro fine tappa, è impossibile non fermarsi alla Grotta di ghiaccio di Scarisoara (Pestera ghetarul de la Scarisoara): ad un’altitudine di 1200 mt/slm, scendendo lungo scalette di ferro che via via diventano sempre più umide e scivolose, ci infiliamo nel gelido frigorifero naturale, la cui temperatura si attesta intorno ai 0°C, camminando su malconce passerelle di legno costruite sul vivo ghiaccio preistorico risalente all’ultima glaciazione, arriviamo sul fondo dove un ultimo gelido vano, che sembra una chiesa fatta di stalattiti e stalagmiti di ghiaccio, ci invoglia a tornare presto in superficie e gustare un altro po’ di quel calduccio esterno (siamo a giugno) di cui pochi minuti prima della discesa avevamo avuto addirittura l’ardire di lagnarci. La Transilvania è anche e soprattutto terra di grotte e miniere. In tutto ciò il nostro sodale Paolo (per fortuna senza drammatiche conseguenze) ha un incontro ravvicinato del terzo tipo con un tir che scendeva quelle strette stradine a tutta birra e che lo ha urtato, spingendolo in un fosso per sua fortuna fangoso al punto da rendere la caduta meno impattante ma che, nondimeno, gli ha fatto assaporare ancora più da vicino le tipiche fragranze bovine degli alpeggi estivi. Comunque, tutto molto bello (incidenti a parte) ma questi percorsi sono lungi dal poter essere annoverati tra i migliori di sempre, perché, attenzione, il nostro obiettivo è quello di trovare la strada più bella del mondo.
Ci prepariamo di buona lena per raggiungere, lesti e arditi, la famosa Transalpina. Lasciando Alba Iulia, città che non ha lasciato particolare segno nella nostra memoria a parte le mura dell’antico castrum, prendiamo direzione Sud verso Petrești, paesello da cui ha origine la strada montana. Un susseguirsi interminabile di curvoni aperti, dall’asfalto liscio e immacolato (il ché smonta ogni residuo pregiudizio sulle strade rumene), che sembrano siano stati disegnati su una mappa dalla matita dell’Altissimo avendo presente in mente che un giorno quelle curve sarebbero state infilate una a una da orde di centauri motorizzati. Infatti, pare che la strada sia un po’ l’equivalente del nostro ‘Passo del Muraglione’, un giro classico che ogni motociclista rumeno deve fare, anche più volte nella vita. E in effetti si è trattato di una vera ‘giostra’ che ci ha regalato un gusto infinito. Sarebbe cosa buona e giusta tornarci ‘intutati’ su una supersportiva o un ‘motardone’ ma noi, affascinati dal paesaggio da fiaba e dagli scorci delle montagne circostanti, dei boschi e, soprattutto, del fiume che nasce dal lago Oașa e che per buona parte scorre di fianco alla strada, l’abbiamo consapevolmente percorsa ad andatura iper-turistica per non perderci nulla di quello spettacolo. Rimaniamo in quota sui Monti Lotrului seguendo un lungo percorso carpatico verso Est che ci porta stanchi ma soddisfatti a Sibiu. Stanchezza comunque calmierata dalla brillante idea che qualcuno di noi ha avuto di comprare, a pochi spiccioli, dei velli di pecora per rendere le selle delle nostre BMW a noleggio meno punitive. Fuocherello: la Transalpina è davvero stupenda ma la ricerca della strada perfetta non finisce qui.
Pur avendo avuto la fortuna di non sperimentare un vero e proprio nadir, eccoci però di fronte allo zenit di tutto il viaggio: la Transfagarasan. Percorrere questa strada vale tutto il viaggio fin qui, senza ombra di dubbio. Trovarla è stato facilissimo. Onorati della compagnia di un motociclista rumeno, che ha chiesto di potersi aggregare al nostro gruppo, siamo partiti da Sibiu, deviando verso Est in direzione Cârțișoara e poi giù al Sud. O meglio, su al Sud. Sì, perché si sale di quota e di parecchio, fino a 2000 metri. Breve cenno storico: la via, che taglia i Carpazi perpendicolarmente, fu voluta da Ceauşescu e realizzata in pochissimo tempo a suon di dinamite intorno agli anni ’70 per motivi militari, perché consentiva il rapido trasporto di armi pesanti da Bucarest oltre il blocco montuoso carpatico e rispondere più prontamente alle interferenze sovietiche. La Transfagarasan è lunga circa 150 km ma noi ne abbiamo percorso solo una parte perché il tunnel che separa i due lati del massiccio era ancora chiuso dalle recenti nevicate. Percorrerla da Nord è stata la scelta migliore, che ci ha permesso di salire lungo questo amplissimo vallone concavo, scavato nel corso dei millenni dal ghiacciaio, nel cui ventre si srotolano una lunga serie di curve dal raggio perfetto, il che ci dà il sospetto che il vero intendimento di Ceauşescu fosse motociclistico, più che militare. Saliamo e riscendiamo per lo stesso versante, raddoppiando il gaudio, a velocità bassissima perché uno spettacolo così non è da tutti i giorni. Come non usuale è stato passare tra muri di neve alti tre metri, luccicanti nel rifrangere i raggi solari di una frizzante giornata estiva. Un pensiero va a quegli eroici motociclisti che hanno completato il percorso sbucando dal tunnel e spingendo le moto nella neve per arrivare dal lato dove eravamo noi. Uno potrebbe dirsi soddisfatto, e invece no: proseguiamo per Rasnov e ci facciamo trainare da questi enormi trattori sull’antica cittadella fortificata, poi risaliamo in sella, svettiamo altri monti, ci infiliamo nell’ennesimo bosco per arenarci, ormai paghi, a Poiana Brasov, una stazione sciistica abbastanza ‘in’. Finalmente possiamo defaticarci e alleviare gli indolenzimenti vari in una piscina riscaldata all’aperto con vista sui Carpazi, per poi concludere con una degna cena di carne, assisi su poltrone ricoperte da pelli di animali. È un mondo difficile. Dicono che la Transfagarasan sia la strada più bella del mondo… Dunque, missione compiuta? Chi lo sa, aspettiamo di vedere il resto del mondo per dare un responso definitivo ma al momento è sicuramente in vetta alle mie preferenze.
Potenzialmente di rara bellezza, il percorso che dal distretto di Brasov ci ha portati nel Parcul Natural Bucegi alla ricerca di un monastero costruito dentro una grotta, su cui ero andato in fissa totale. La Pestera Ialomitei è una chiesetta ortodossa dal passato turbolento: costruita dal figlio del famoso Vlad l’Impalatore (più noto come Conte Dracula), un personaggio ‘a modino’ che per soprannome era chiamato ‘Il Male’, bruciata e ricostruita più volte nel corso dei secoli ed oggi, restaurata in tutta la sua caratteristica bellezza, dovuta anche al contesto paesaggistico e dall’essere non proprio facilmente raggiungibile. Ne sa qualcosa la già citata RT 1600 ‘da enduro’ del prode Alfonso, che si è cimentato vittoriosamente in un off-road niente male, con annesso discesone di fango. In effetti la strada ‘alpina’ per il monastero di recente era stata tutta asfaltata, ma avendo sbagliato svolta siamo arrivati su facendo il giro lungo che prevedeva, appunto, un bel tratto di sterrato che costeggiava il lago Bolboci. Molto spesso sono proprio gli imprevisti stessi che danno origine ai ricordi più belli di un viaggio. Figura barbina del sottoscritto che aveva presentato la destinazione come rara e sconosciuta anche agli stessi rumeni, quando invece per arrivare su (sterratone a parte) è stata tutta una noiosa fila indiana di macchine. A mia discolpa, mi hanno poi comunicato che in quei giorni si svolgeva non so quale festa nazionale rumena e quindi tutti gli abitanti delle zone circostanti si erano fiondati in massa verso i luoghi di campeggio più vicini. Quindi, la Transbucegi resta una strada meravigliosa e da fare assolutamente, ma attenti al calendario delle feste rumene! Finiamo la lunga giornata a Sighisoara nel distretto di Mures da dove, la mattina successiva, ripartiremo per Turda e riconsegneremo le moto per trasvolare fino a casa. Nel frattempo i ‘duri e puri’ ci offriranno una lezione di vita ricoprendo la distanza tra Sighisoara e Roma in due soli giorni, con tappone finale di 1.200 km Belgrado-Roma.
Un’ultima nota va fatta riguardo ai centri cittadini visitati: Sibiu, Brasov (che non abbiamo visitato perché la maggior parte di noi già la conosceva) e Sighisoara, sono stati una vera sorpresa per tutti. Circondati da periferie oggettivamente brutte, figlie della dominazione sovietica (durante il regime comunista Brasov era chiamata Orașul Stalin, la città di Stalin), i centri storici appaiono, invece, ben curati ed eleganti, perché memori delle origini romane e soprattutto sassoni. Le città infatti spesso hanno anche un nome latino e uno tedesco (ad esempio quelli di Sighisoara sono Castrum Sex/Schäßburg, quelli di Brasov Corona/Kronstadt) e conservano un’architettura che ricorda i tipici centri storici delle cittadine tedesche. C’è da dire che la Transilvania non è una regione rappresentativa della Romania tutta, come ad esempio il Trentino Alto Adige non lo è per l’Italia, ma sicuramente è una parte di Romania che merita di essere conosciuta e percorsa. In moto ovviamente.