CI RIVEDREMO A FILIPPI *, ANZI A KAVALA
by Rodolfo ROMEO
Evidentemente proprio non si fidano a mandarmi in giro in moto da solo.
Infatti, all’inizio dell’anno, quando ho detto agli amici del Moto Club Roma che il congresso della FimE si sarebbe svolto in Grecia, a Kavala, e che, ovviamente, ci sarei andato in moto, in molti hanno detto “vengo anche io” senza neanche sapere quale sarebbe stato l’itinerario … tanto, di sicuro, ci sarebbe stato di che divertirsi. Si sa che tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare, ma questa volta alla partenza ci siamo ritrovati in 16 moto e 26 persone!
Comunque, non è stata una novità. E’ ormai tradizione che il Moto Club Roma sia presente al congresso annuale della FimE, così come già avvenuto a Sofia, Opatija, Kiev, Larnaca, Riga, Istambul, Treviso, Cracovia, sempre una splendida occasione, come se avessimo bisogno di una scusa per visitare posti nuovi e beneficiare della calda accoglienza che le Fnms ci hanno sempre riservato. E poi non fa male vedere un po di moto quando se ne parla tanto …
Ma veniamo al tour di quest’anno. Diciamo subito che, nonostante l’elevato numero dei partecipanti e delle nazioni da attraversare (non è nemmeno pensabile di fare la strada più diretta!) l’organizzazione è perfettamente riuscita e non ci sono stati contrattempi o difficoltà di sorta.
Il gruppo parte da Roma alla volta del porto di Ancona. Svolte le brevi formalità di imbarco, dopo l’ultimo breafing tenutosi a bordo -nel quale sono state ripetute le solite raccomandazioni, come sempre ignorate nel corso del viaggio- la notte trascorre su un mare completamente piatto, ottimo auspicio per la riuscita del viaggio.
L’alba ci mostra la costa della Croazia in tutta sua bellezza. Le miriadi di isole si specchiano in un mare dalle mille sfumature dell’azzurro sul quale affaccia la bella Spalato nella quale sbarchiamo. Questa volta non saremo ospiti del palazzo di Diocleziano -che costituisce la principale attrattiva culturale di Spalto e che ormai conosciamo a memoria- ed imbocchiamo subito la meravigliosa strada litoranea diretti a Sud. Ad ogni curva si aprono scenari di mare ed isole che attraggono come le sirene narrate nell’Odissea e, come moderni Ulisse, ogni pochi metri siamo tentati di buttarci in mare (possibilmente senza moto) per un bagno ed una nuotata in un’acqua e azzurrissima ed immobile come fosse un lago. I piccoli paesi di case bianche con i tetti di tegole color mattone ed i pini verde scuro che arrivano quasi in mare, si specchiano nell’acqua contribuendo a dipingere una tavolozza di colori dalla quale è difficile distogliere lo sguardo.
Dopo circa 160 chilometri lasciamo la litoranea diretti ad Est ed entriamo in Bosnia Erzegovina diretti a Mostar. Lungo la strada una breve deviazione ci porta a Medjugorje che, a parte la suggestione -per chi la avverte- procurata dalle testimonianze circa le apparizioni della Madonna, non è di alcun interesse. Del tutto diversa è Mostar, un posto da non perdere, che mantiene inalterato il suo fascino nonostante il forte afflusso di turisti ed il fatto che siano ancora visibili i segni procurati dalla follia dell’uomo. Il nuovo ponte (da cui prende il nome la città: mostar significa ponte), ricostruito nel 2004 dopo la distruzione a cannonate di quello costruito in stile ottomano dai Turchi nel 1566, ne mantiene certamente l’aspetto ma il pensiero di quello originale mi rattrista non poco. Ricordo nitidamente la prima volta che lo ho visto: era il 1985 in un viaggio con altri due fraterni amici -Camillo e Roberto- che sono presenti anche questa volta. Allora guidavo la mia meravigliosa R100, molti anni, figli e chili in meno. Oggi la GS1200Adv, parecchi chilometri, chili e cc in più, molti capelli persi per strada (sarà colpa del casco?), ma la voglia di viaggiare in moto è la stessa.
Risaliamo in sella (un po più faticosamente di allora) e dopo circa un’ora e mezza, ci riaffacciamo sul mare ed arriviamo nella spettacolare ed affascinante Bubrovnik. Descrivere la bellezza di questa antica città che fu della Repubblica Marinara di Venezia, va ben oltre le mie misere capacità. Lasciate le moto in albergo, quindi, ci sparpagliamo per i vicoli della città vecchia per godere appieno il tramonto e della serata nella moltitudine di piccoli locali, peraltro frequentati da fauna femminile di altissimo livello! Per questo, i pizzichi e le gomitate che riceviamo dalla nostre signore non si contano.
La mattina successiva siamo nuovamente in moto e dopo pochi km entriamo in Montenegro. Lo devo ammettere: io non sono un testimone attendibile quando si tratta di giudicare un determinato luogo, perché quando viaggio in moto, sono entusiasta di tutto ciò che vedo, soprattutto se è differente da quello a cui sono abituato. Comunque, dovete credermi se vi dico che anche il Montenegro riserva inaspettate meraviglie. Le montagne dell’interno, alte anche 3000 metri, coronano canyon e laghi in un continuo avvicendarsi, il tutto collegato da tortuose, piacevoli e divertenti strade, perfettamente tenute. Un vero spasso per chi guida, ma attenzione ai limiti di velocità il cui controllo è zelantemente effettuato da inflessibili gendarmi. Le montagne arrivano direttamente sul mare e, quindi, nel giro di pochi chilometri l’ambiente montano e continentale si trasforma in ambiente marittimo e temperato. La notte la trascorriamo a Tivat (Teodo in Italiano), una piacevolissima cittadina sulle sponde della baia di Kotor il più vasto fiordo del mediterraneo. Indimenticabile! E’ d’obbligo la visita alla vicina città di Kotor (Cattaro in Italiano) la cui parte antica e fortificata è anch’essa di origini veneziane e, perciò, ricorda molto Bubrovnik.
Il giorno dopo la bussola è ancora puntata verso Sud, ma poco prima del confine con l’Albania puntiamo ad Est per superare il monte che delimita la costa Ovest del lago di Scutari. Valicato il passo la vista è mozzafiato. Da una parte il mare Adriatico, dall’altra, a strapiombo, il grande lago -che per metà è in Montenegro e per l’alta metà è in Albania- circondato da austere e altissime montagne le cui vette in inverno sono coperte di neve ed ora, invece, mostrano la roccia bianchissima che si riflette sulla superficie del lago stesso. La strada in discesa è asfaltata ma ha le dimensioni di un sentiero, tanto che le tre auto che provengono in senso inverso si fermano per consentirci di passare. Una delle strade che segno sulla mia personale lista delle più belle che ho percorso. Scesi al livello del lago, lo costeggiamo in direzione di Podgorizza, ma poco prima dell’ingresso in città pieghiamo ancora a sud verso la frontiera con l’Albania. Le operazioni doganali sono veloci nonostante una lunga fila di Tir che superiamo senza problemi.
Già in frontiera si percepisce chiaramente la simpatia che gli albanesi hanno per gli italiani. Ogni occasione è buona per fare quattro chiacchere come se ci si conoscesse da tanto tempo. Pochi km di una strada larga, scorrevole e perfettamente asfaltata (sulla quale si trovano perfettamente a loro agio anche biciclette e carretti trainati da animali) ed entriamo a Scutari dove alloggiamo nel centralissimo, piccolo ed accoglientissimo hotel Tradita, che ha mantenuto l’architettura e le finiture dì una vecchia fattoria. Le moto ce le fanno posteggiare nel giardino interno, proprio dove ci viene servita una cena strepitosa; di fatto siamo a tavola con le nostre compagne di viaggio, con buona pace per le signore presenti.
Scutari, come del resto tutta l’Albania è per me irriconoscibile. Nel 1994 ho avuto la possibilità e la fortuna di visitarla, sempre in moto con gli amici -alcuni presenti anche stavolta- del Moto Club Roma, su invito della allora nascente associazione motociclistica. Il paese era appena uscito da un lungo e buio periodo di dittatura, che lo aveva completamente isolato dal resto del mondo e, di fatto, ne aveva bloccato lo sviluppo agli inizi del secolo. Fu un’esperienza assolutamente affascinante, un tuffo indietro nel tempo di cento anni. L’Albania non era stata ancora sconvolta dalla crisi che, dopo poco, fu causata dallo scandalo delle finanziarie e procurò una emigrazione di massa.
Oggi è tutto cambiato, direi sicuramente in meglio. Sono stati cancellati si segni di un passato terribile: le case ed i palazzi del potere dell’epoca sono stati smantellati e, soprattutto, sono state demolite le migliaia di bunker che tempestavano ogni parte del territorio, campagne, montagne e spiagge, come le bubboni sulla pelle di un malato di peste. Le strade ora sono degne di questo nome ed ospitano un traffico consistente di ogni tipo di mezzo di locomozione. Il nostro itinerario prevede di attraversare l’Albania in direzione sud-ovest in direzione del lago di Okrid, altra perla dei Balcani sul quale si affaccia anche la Firom.
Entriamo in Grecia, con destinazione la vicina Kastoria, ed è netta la sensazione di essere “a casa”. L’ospitalità per i Greci non solo è tradizionalmente sacra, ma è evidente, tangibile. Si concretizza il giorno successivo durante la nostra sosta a Edessa. Mentre parcheggiamo le moto lungo un marciapiede di una piccola via, esce da un negozio negozio una signora che, sorridendo, inizia a fare ampi gesti con le mani, rientra all’interno e ne esce sorridente con un grande vassoio pieno di frutta fresca che ci offre avvicinandosi alle nostre moto. Un piccolo gesto di grande ospitalità al quale, sorpresi (ma non tanto: siamo in Grecia!) rispondiamo regalando alla signora qualche adesivo del nostro Club, che accetta ringraziando come se si trattasse di un bene prezioso.
La strada lascia i boschi e le montagne per scendere dolcemente verso il mare. Ecco l’Egeo e la penisola calcidica che protende le sue tre dita verso il largo, quasi volesse toccare, afferrare qualcosa in mezzo al mare: potrebbe essere una piccola isola scambiata (ma in realtà così è) per un prezioso gioiello? Che spettacolo!
Arriviamo a Kavala e di fronte all’Hotel, dove si tiene il congresso, ci aspetta Alessandro Sambuco (che sorride ma certamente è rattristato per non essere venuto in moto con noi), Stelios e Panos, i nostri “angeli” greci. La foto sotto le bandiere della FimE è d’obbligo.
Il mattino successivo ci imbarchiamo sul traghetto che, in poco tempo, ci porta all’isola di Tassos dove trascorriamo l’intera giornata tra bagni in incantevoli spiagge e soste in ospitali taverne.
Il venerdì inizia il congresso e per me “la festa” è finita, essendo occupato in una serie di riunioni. Invece, gli altri amici si sparpagliano nelle vicinanze di Kavala alla ricerca, a seconda dei gusti, di splendide spiaggette o di siti archeologici.
Il sabato sera siamo ospiti alla cena di gala durante la quale, come nostra tradizione, consegniamo alla Federazione greca un piccolo trofeo raffigurante la Lupa Capitolina, simbolo di Roma e del nostro Club, quale ringraziamento per l’ospitalità ed in ricordo del nostro viaggio. Abbiamo in serbo, anche un’altra sorpresa, stavolta per il Presidente FimE, che viene festosamente accerchiato per la consegna del diploma quale Socio Onorario del Moto Club Roma. La sua sorpresa è evidente e, sono sicuro, gli avrà fatto piacere. Sarà in buona compagnia nell’Albo d’Oro del nostro Club.
Domenica, purtroppo, è tempo di rientrare ma il tempo è tiranno e stavolta percorriamo la strada più diretta: ad Igoumenitsa ci aspetta il traghetto per l’Italia. La strada è comunque piacevole e non ci facciamo mancare una sosta per pranzo a Metsovo per gustare le specialità di carne alla griglia.
Quando in lontananza si scorge nuovamente l’Adriatico il viaggio sembra proprio terminato … ma cerchiamo di sfruttare al meglio le poche ore rimaste. Un l’ultimo bagno in Grecia nella bella spiaggia di Ammoudia -deve sfocia il fiume Acheronte che nell’Eneide segna la porta di accesso degli inferi- ed una cenetta in una tipica taverna Greca.
Pochi chilometri percorsi buio e raggiungiamo il porto di Igoumenitsa per imbarcarci sul traghetto che la mattina seguente ci sbarca a Brindisi.
Una lunga e noiosa cavalcata di circa 600 Km ed eccoci nuovamente a Roma soddisfatti per il bel viaggio e per i ricordi che ci scalderanno le serate invernali nelle riunioni al Club. Il contachilometri parziale, azzerato alla partenza, segna quasi 3.500 Km, ma il viaggio è finito … giusto in tempo per iniziarne un altro.
P.S.
Non è possibile terminare queste note senza ringraziare gli amici del Moto Club Roma la cui esperienza, simpatia ed allegria ha reso il viaggio non solo interessante ma anche piacevole e divertente: Roberto, Enzo, Giorgio, Oreste, Fulvio, Alfonso, Marco, Fabrizio B, Davide, Camillo, Massimo, Fabrizio M., ed in modo particolare un grazie a Giancarlo, Alberto e Fausto, che hanno con me collaborato nell’organizzazione del viaggio e nella pianificazione dell’itinerario. Un pensiero va alle nostre compagne di viaggio, quelle a due ruote, che hanno percorso (qualcuna carica come un mulo) complessivamente 56.000 km senza il minimo problema. Sicuramente si sono divertite anche loro. Ah … quasi dimenticavo le nostre compagne di viaggio, quelle in carne ed ossa: Cecilia, Francesca R., Francesca F. Carla, Chiara, Maria Grazia, Luisa, Antonella, Nicoletta e Susanna, le quali, pur di partecipare la viaggio, hanno sopportato, come nulla fosse, le inevitabili battutacce di 16 motociclisti scalmanati (ma non tanto).
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Filippi oggi è un importante sito archeologico nei pressi di Kavala.
Ci rivedremo a Filippi” è una delle frasi più celebri a noi giunte dall’antichità; secondo la tradizione, a pronunciarla fu il fantasma di Giulio Cesare che così si rivolse a Bruto.
Plutarco racconta che Bruto, ossessionato dai sensi di colpa per aver ordito e partecipato alla congiura nella quale Cesare, che l’amava come un figlio, era stato assassinato, sognò una entità che gli disse:“Sono il tuo cattivo demone, Bruto ci rivedremo a Filippi”.